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Trento, 25 febbraio 2005
CON IL TIBET E NON DA IERI
di Marco Boato
da l’Adige di venerdì 25 febbraio 2005

Caro Direttore, leggo con un po’ di stupore e quasi incredulità due interventi contemporanei, su L’Adige del 24 febbraio, a me non benevolmente indirizzati a proposito della iniziativa pubblica sul Tibet, tenutasi con grande partecipazione di cittadini sabato 19 febbraio al Centro S. Chiara di Trento. Al di là del tono inutilmente polemico, poiché mi si chiede un chiarimento pubblico, lo faccio ben volentieri, soprattutto per rispetto a quei lettori dell’Adige che non erano presenti all’importante iniziativa. Sono da sempre solidale con la resistenza democratica, nonviolenta e spesso di matrice anche religiosa (buddista) del popolo tibetano nei confronti dell’occupazione cinese della loro terra. Quando dico “da sempre”, mi riferisco ad esempio al fatto (solo qualche trentino più anziano lo può ricordare, ma esistono belle testimonianze fotografiche al riguardo) che la prima manifestazione a cui ho partecipato a Trento, quando ero un giovane studente universitario di 19 anni, era proprio improntata (nel 1964!) alla solidarietà col Tibet contro l´occupazione cinese e col Vietnam contro le prime avvisaglie dell´intervento americano.

Da parlamentare dell´Ulivo, faccio parte della Associazione di amicizia Italia-Tibet, condividendone tutte le iniziative, in stretto rapporto col Dalai Lama, più volte incontrato nel segno dell´amicizia e della solidarietà, politica, umana e religiosa.

Anche con Amnesty International i rapporti di collaborazione parlamentare sono molto stretti, tutte le volte che viene richiesto il nostro intervento per la causa dei diritti umani calpestati in tante parti del mondo.

Ho ritenuto quindi doveroso (ed ero l´unico parlamentare presente) accogliere l´invito a partecipare alla bella e importante iniziativa di sabato 19 febbraio, promossa proprio dalla Associazione di Amicizia Italia-Tibet e da Amnesty International, di solidarietà con la giovane monaca tibetana Ngawang Sandrol, imprigionata a soli 13 anni, rimasta in carcere per oltre undici anni, e due anni fa liberata solo grazie alla mobilitazione internazionale sul suo caso (che è, purtroppo, solo la punta di un iceberg di orrore ben più vasto e devastante).

Anche se, dopo la commovente e straordinaria testimonianza di Ngawang Sandrol (che avevo già ascoltato a “Zapping”, su Radio1 della Rai), erano stati aperti gli interventi del pubblico, avevo evitato di chiedere la parola. Alla fine, tuttavia, l´ultimo cittadino intervenuto si era rivolto direttamente a me, per chiedermi quali iniziative politiche intendessi prendere a sostegno della causa del Tibet.

A quel punto, Günther Cologna (che conosco da anni e col quale ho incontrato il Dalai Lama anche a Rovereto) mi ha chiesto dalla presidenza se potevo rispondere al cortese interlocutore intervenuto dalla sala. Se non l´avessi fatto, questa sì sarebbe stata una dimostrazione di insensibilità e di arroganza.

Ho parlato brevemente, prima di tutto esprimendo la mia ammirazione, commozione e solidarietà per la giovane e straordinaria monaca Ngawang Sandrol, e poi ricordando l´interesse del Dalai Lama per il nostro sistema autonomistico, il cui modello potrebbe rappresentare una “terza via” tra la richiesta legittima di indipendenza del Tibet e la perdurante e sempre più dilagante occupazione cinese. Ho anche ricordato le numerose iniziative della Associazione parlamentare Italia-Tibet e l´impegno, non certo solo mio, di proseguirle e intensificarle, perché sia resa giustizia al popolo tibetano, sempre nel rispetto della nonviolenza predicata e praticata dal Dalai Lama.

Ngawang Sandrol ha, da ultimo, ripreso la parola, ringraziandomi per la solidarietà espressa nei suoi confronti e auspicando la continuazione del mio e nostro impegno parlamentare a sostegno delle legittime aspirazioni del Tibet. In segno di amicizia, e con mia grande emozione, mi ha poi posto sul collo la sciarpa bianca, che già si erano scambiati con i monaci buddisti presenti in prima fila.

Tutto qui. Tramutare questo scambio di amicizia, di solidarietà e di impegno comune – che per quanto mi riguarda dura da molti anni – in qualcosa di strumentale o addirittura di “marketing elettorale”, mi lascia sinceramente allibito, amareggiato e sconcertato.

Poiché non sono tuttavia abituato ad attribuire la malafede a nessuno, salvo prova contraria, ho ritenuto doveroso non alimentare polemiche inutili e pretestuose e rispondere invece ricostruendo semplicemente i fatti. Tramutare la solidarietà col Tibet in una occasione di piccineria locale, questo sì sarebbe imperdonabile per tutti. A meno che non si preferisca l´assenza alla (per me doverosa) presenza, il comodo silenzio al (per me doveroso) intervento, quando si è direttamente interpellati anche nella propria funzione politico-istituzionale.

Marco Boato
Deputato verde dell'Ulivo

 

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